I recenti fatti di queste ultime settimane hanno messo in evidenza quello che in realtà è prassi quotidiana dacché esiste il mondo, cioè la violenza sessuale contro le donne all’ interno dello stesso gruppo familiare.
Le donne sanno benissimo che non si tratta di casi isolati, di azioni compiute da cosiddetti “mostri “, ma lo stupratore, gli stupratori, nella maggior parte dei casi, hanno il volto del padre, del fratello, dello zio, del nonno. Sono proprio loro i primi a violare e umiliare il corpo e l’integrità psichica di bambine, ragazzine, donne adulte. Tutto avviene all’interno delle belle famiglie normali che tanto piacciono allo Stato e alla Chiesa. Le belle famiglie che perpetuano al loro interno gli schemi e i riti repressivi della società, costringendo le donne al silenzio, in nome di una morale vergognosa e indecente, che vuole colpevolizzare la vittima per coprire il delitto del maschio padrone. In Italia fino a pochi anni fa, lo stupro di donne da parte di familiari non era nemmeno considerato un vero reato penale ma solo un reato contro la pubblica morale. Il problema della violenza sessuale contro le donne non è legato ad una particolare etnia, ad una particolare cultura o classe sociale. Esso attraversa tutti gli strati della società, riguarda tutti i gruppi senza distinzione.
Esso è strettamente legato al concetto di proprietà privata, di esercizio del potere su altri esseri umani giudicati inferiori, anzi è la massima forma di esercizio del potere. Le donne da sempre hanno dovuto subire la violenza bestiale dei familiari, dei vicini, degli eserciti invasori. In Italia, in particolare, i dati del Ministero degli Interni ci dicono che più del 65% degli stupri avvengono in famiglia.
Questo dato è inquietante. Non è certo scatenando la caccia contro gli stranieri, alimentando così episodi gravi di razzismo e ulteriore violenza da parte di gruppi xenofobi e razzisti, che si risolve il problema. Gli organi di disinformazione hanno ancora una volta offerto uno spettacolo osceno, manipolando le notizie ed offrendo alla pubblica opinione delle vittime sacrificali. La regola “Sbatti il mostro in prima pagina” funziona ancora egregiamente. La stampa borghese e di regime ci ha sempre campato bene sui fatti di cronaca nera e spesso la cronaca nera viene usata per sviare l’attenzione dai fatti reali e per manipolare le coscienze. Gli stessi giornali e le stesse televisioni che per un verso fanno finta di indignarsi contro la violenza alle donne ma poi utilizzano le immagini dei corpi femminili mercificati, offerti nudi ed indifesi allo sguardo maschile come pezzi di carne senza cervello, senza vita propria, solo tette e culi, per vendere più copie, per fare più audience.
La società italiana è sempre più schizofrenica, non per niente si è affidata ad un padre-padrone che la governa seguendo i suoi capricci di dittatorello da operetta. Il suo rapporto con le donne è a dir poco ridicolo, fa il galante come un comico da avanspettacolo di altri tempi. Eppure è stupefacente vedere come le donne si mostrino entusiaste di lui, lo seguano e lo difendano.
Sembrava che dopo la grande ondata delle lotte femministe il rapporto tra uomini e donne dovesse cambiare per sempre e invece siamo tornati indietro, siamo tornati al corpo oggetto, feticcio da spogliare esibire nella società occidentale e corpo da negare, velare, occultare nelle nella società islamica. Corpo, proprietà privata di maschi-padroni, in cui le donne potranno vivere libere e senza paura. Ma per fare questo occorre che esse stesse siano disposte a lottare per conquistare pienamente la loro libertà, liberandosi da tutte le catene mentali e fisiche che le opprimono, primi fra tutti i subdoli ricatti sentimentali ed affettivi, i peggiori aguzzini in
assoluto.
Certo le donne di oggi sicuramente sono più libere rispetto alle loro nonne, ma c’è ancora tanta strada da fare e come scrisse Emma Goldman nel saggio La tragedia dell’emancipazione femminile: “La storia ci insegna che ogni classe oppressa ha conquistato la vera liberazione dai suoi padroni solo con le proprie lotte. Bisogna che la donna impari questa lezione e capisca che la sua libertà potrà arrivare fino a dove arriva la sua forza di conquistare la propria libertà .”.
Una individualità anarchica siciliana
Aprile 2009
Spagna 1936 - 74: dalla rivoluzione anarco-comunista all’assassinio di Puig Antich.
Organizzazione Anarchica Pugliese ( O.A.P.)
Bari, 16 marzo 1974
• Premessa
• Precedenti politico economici al 36
• Guerra civile 1936-39
• Disfatta militare
• Contributo degli anarchici a 30 anni di lotte contro Franco
• Situazione attuale
• Allegato A: le collettività
• Allegato B : L’autogestione delle ferrovie nella Spagna rivoluzionaria
(originale ciclostilato ora in archivio storico della sezione FdCA di Fano/Pesaro)
tutto il materiale indicato è disponibile sul sito della Federazione dei Comunisti Anarchici - www.fdca.it
Bari, 16 marzo 1974
• Premessa
• Precedenti politico economici al 36
• Guerra civile 1936-39
• Disfatta militare
• Contributo degli anarchici a 30 anni di lotte contro Franco
• Situazione attuale
• Allegato A: le collettività
• Allegato B : L’autogestione delle ferrovie nella Spagna rivoluzionaria
(originale ciclostilato ora in archivio storico della sezione FdCA di Fano/Pesaro)
tutto il materiale indicato è disponibile sul sito della Federazione dei Comunisti Anarchici - www.fdca.it
Eventi storici dell’anarchismo in Italia.
A 90 anni dalla costituzione dell'Unione Comunista Anarchica d'Italia (aprile 1919) la Federazione dei Comunisti Anarchici organizza una giornata su: I Comunisti Anarchici in Italia.
Firenze, 7 GIUGNO Via G. P. Orsini, 44, Auditorium
Tutte le informazioni sui lavori sono consultabili sul sito della FdCA www.fdca.it
Dal Libro “L’anarchismo in Italia fra movimento e partito” della compagna e storica Adriana Dadà.
“Il congresso sancisce inoltre il ruolo dell’Unione sindacale italiana quale organizzazione di massa rivoluzionaria, di fatto collaterale all’Ucad’I [40].
Queste decisioni vengono seguite nei fatti da un rilancio organizzativo e dal potenziamento della stampa.
Riprende infatti a uscire ad Ancona “Volontà” che gestita da Luigi Fabbri, si affianca alle pubblicazioni già esistenti portando un contributo prezioso di analisi dei problemi politici ed economici del dopoguerra, e mettendo a punto una difesa lucida della Rivoluzione Russa.
Ma è soprattutto nella lotta che nasce e si rafforza la presenza anarchica. L’azione delle masse, la mobilitazione del proletariato di fronte all’attacco della borghesia, decisa a portare fino in fondo la sconfitta del proletariato, iniziata con la guerra, è costante.
L’incendio dell’“Avanti!” dell’aprile del 1919, fa perciò nascere la proposta anarchica del Fronte unico rivoluzionario.
Anche se suggerita e stimolata dalle condizioni di unità d’azione creatasi fra le masse, in quegli anni, la proposta del Fur rappresenta in realtà la formulazione esplicita di una politica delle alleanze per l’avvio del processo rivoluzionario che assurgerà a proposta strategica del partito anarchico, dopo le ripetute verifiche della sua praticabilità. Si può anzi dire che fra le forze della sinistra il partito anarchico fu l’unico che si pose costruttivamente il problema di dotarsi in questa fase dello scontro di classe di una proposta e di un programma politico capace di aggregare alla base militanti socialisti e repubblicani, e, quel che più conta, attraverso le organizzazioni collaterali, strati e ceti diversi, intorno a lotte portate avanti da operai e contadini.
Questa proposta trova un primo banco di prova nella lotta per il caroviveri, durante la quale le masse lottano unite per l’espropriazione, in nome della difesa dei loro bisogni materiali e costruiscono organismi unitari di gestione della società [41] .
Con questa esperienza comincia a prendere forma definitivamente e in maniera organica l’articolazione strategica e tattica del partito anarchico, che gli permetterà di svolgere un ruolo di primo piano nelle lotte del biennio rosso. ”.
Note:
38) Fra i convegni regionali preparatori, importante il convegno comunista anarchico umbro-marchigiano tenuto a Fabriano dal 22 al 23 marzo 1919, con il seguente o.d.g.:
1) organizzazione politica;
2) organizzazione economica;
3) gli anarchici e gli altri partiti politici;
4) convegno nazionale;
5) varie;
cfr. “Il Libertario”, 20 marzo 1919. Altrettanto impegnativo il convegno dell’Unione anarchica romagnola emiliano del 23 marzo 1919, ivi.
39) Sul congresso di Firenze v. il resoconto in “Il Libertario”, 17 aprile 1919. L’o.d.g. fu il seguente:
1) rinnovazione del comitato di azione internazionale anarchica e provvedimenti inerenti al funzionamento della sua segreteria;
2) proposta della costituzione di una Federazione Anarchica Italiana;
3) accordi da stabilirsi in merito al problema della organizzazione operaia nell’attuale momento politico;
4) sistemazione della nostra stampa;
5) varie.
Sulla necessità dell’organizzazione internazionale e nazionale, il congresso così si espresse «Gli anarchici d’Italia riuniti il 12 aprile 1919 a convegno a Firenze allo scopo di coordinare l’azione anarchica, onde affrettare l’emancipazione economica e politica di tutti gli sfruttati, deliberano di riattivare l’Unione Anarchica Internazionale, costituendo la Sezione italiana, come solenne patto di solidarietà con tutti i compagni del mondo già in lotta contro gli oppressori».
40) «In merito all’organizzazione operaia, il convegno ritiene, che l’organizzazione e la lotta della classe operaia contro il padronato sono una necessità per il movimento rivoluzionario e che quindi gli anarchici fanno l’interesse della rivoluzione partecipandovi, per stare sempre più a contatto col proletariato, per farvi opera anarchica e rivoluzionaria e ricordando che la distruzione della società capitalistica e autoritaria, si realizza solo con i metodi rivoluzionari, e che l’impegno dello sciopero generale ed il movimento sindacale non devono fare obliare i mezzi più diretti di lotta contro la violenza e la sopraffazione statale e borghese, constata che l’Unione Sindacale Italiana è quella che attualmente si avvicina alle direttive e che è più stata,
durante la guerra, fedele alla causa internazionalista, senza transigenza e senza dondolamenti; e senza creare impegni tassativi incompatibili con la convinzione che i gruppi politici e organizzazioni di classe debbono essere autonomi ed indipendenti l’uno dall’altro; raccomanda ai compagni operai di aiutare secondo le proprie forze nell’orbita delle proprie categorie di mestiere il Movimento dell’Unione Sindacale Italiana, in quanto continui a mantenersi sul terreno antistatale e antiaccentratore e rivoluzionario»,ivi.
41) V. il doc..n. 47
Firenze, 7 GIUGNO Via G. P. Orsini, 44, Auditorium
Tutte le informazioni sui lavori sono consultabili sul sito della FdCA www.fdca.it
Dal Libro “L’anarchismo in Italia fra movimento e partito” della compagna e storica Adriana Dadà.
“Il congresso sancisce inoltre il ruolo dell’Unione sindacale italiana quale organizzazione di massa rivoluzionaria, di fatto collaterale all’Ucad’I [40].
Queste decisioni vengono seguite nei fatti da un rilancio organizzativo e dal potenziamento della stampa.
Riprende infatti a uscire ad Ancona “Volontà” che gestita da Luigi Fabbri, si affianca alle pubblicazioni già esistenti portando un contributo prezioso di analisi dei problemi politici ed economici del dopoguerra, e mettendo a punto una difesa lucida della Rivoluzione Russa.
Ma è soprattutto nella lotta che nasce e si rafforza la presenza anarchica. L’azione delle masse, la mobilitazione del proletariato di fronte all’attacco della borghesia, decisa a portare fino in fondo la sconfitta del proletariato, iniziata con la guerra, è costante.
L’incendio dell’“Avanti!” dell’aprile del 1919, fa perciò nascere la proposta anarchica del Fronte unico rivoluzionario.
Anche se suggerita e stimolata dalle condizioni di unità d’azione creatasi fra le masse, in quegli anni, la proposta del Fur rappresenta in realtà la formulazione esplicita di una politica delle alleanze per l’avvio del processo rivoluzionario che assurgerà a proposta strategica del partito anarchico, dopo le ripetute verifiche della sua praticabilità. Si può anzi dire che fra le forze della sinistra il partito anarchico fu l’unico che si pose costruttivamente il problema di dotarsi in questa fase dello scontro di classe di una proposta e di un programma politico capace di aggregare alla base militanti socialisti e repubblicani, e, quel che più conta, attraverso le organizzazioni collaterali, strati e ceti diversi, intorno a lotte portate avanti da operai e contadini.
Questa proposta trova un primo banco di prova nella lotta per il caroviveri, durante la quale le masse lottano unite per l’espropriazione, in nome della difesa dei loro bisogni materiali e costruiscono organismi unitari di gestione della società [41] .
Con questa esperienza comincia a prendere forma definitivamente e in maniera organica l’articolazione strategica e tattica del partito anarchico, che gli permetterà di svolgere un ruolo di primo piano nelle lotte del biennio rosso. ”.
Note:
38) Fra i convegni regionali preparatori, importante il convegno comunista anarchico umbro-marchigiano tenuto a Fabriano dal 22 al 23 marzo 1919, con il seguente o.d.g.:
1) organizzazione politica;
2) organizzazione economica;
3) gli anarchici e gli altri partiti politici;
4) convegno nazionale;
5) varie;
cfr. “Il Libertario”, 20 marzo 1919. Altrettanto impegnativo il convegno dell’Unione anarchica romagnola emiliano del 23 marzo 1919, ivi.
39) Sul congresso di Firenze v. il resoconto in “Il Libertario”, 17 aprile 1919. L’o.d.g. fu il seguente:
1) rinnovazione del comitato di azione internazionale anarchica e provvedimenti inerenti al funzionamento della sua segreteria;
2) proposta della costituzione di una Federazione Anarchica Italiana;
3) accordi da stabilirsi in merito al problema della organizzazione operaia nell’attuale momento politico;
4) sistemazione della nostra stampa;
5) varie.
Sulla necessità dell’organizzazione internazionale e nazionale, il congresso così si espresse «Gli anarchici d’Italia riuniti il 12 aprile 1919 a convegno a Firenze allo scopo di coordinare l’azione anarchica, onde affrettare l’emancipazione economica e politica di tutti gli sfruttati, deliberano di riattivare l’Unione Anarchica Internazionale, costituendo la Sezione italiana, come solenne patto di solidarietà con tutti i compagni del mondo già in lotta contro gli oppressori».
40) «In merito all’organizzazione operaia, il convegno ritiene, che l’organizzazione e la lotta della classe operaia contro il padronato sono una necessità per il movimento rivoluzionario e che quindi gli anarchici fanno l’interesse della rivoluzione partecipandovi, per stare sempre più a contatto col proletariato, per farvi opera anarchica e rivoluzionaria e ricordando che la distruzione della società capitalistica e autoritaria, si realizza solo con i metodi rivoluzionari, e che l’impegno dello sciopero generale ed il movimento sindacale non devono fare obliare i mezzi più diretti di lotta contro la violenza e la sopraffazione statale e borghese, constata che l’Unione Sindacale Italiana è quella che attualmente si avvicina alle direttive e che è più stata,
durante la guerra, fedele alla causa internazionalista, senza transigenza e senza dondolamenti; e senza creare impegni tassativi incompatibili con la convinzione che i gruppi politici e organizzazioni di classe debbono essere autonomi ed indipendenti l’uno dall’altro; raccomanda ai compagni operai di aiutare secondo le proprie forze nell’orbita delle proprie categorie di mestiere il Movimento dell’Unione Sindacale Italiana, in quanto continui a mantenersi sul terreno antistatale e antiaccentratore e rivoluzionario»,ivi.
41) V. il doc..n. 47
25 Aprile 1945 “la liberazione”.
(…) noi non volevamo abbattere il fascismo per ricreare un Stato ancora più consolidato. La nostra intenzione era di uccidere il fascismo, ma ucciderlo direttamente, per forza del popolo, senza invocare l'aiuto dello Stato, in modo che lo Stato perdesse una sua gran parte di guida, e non uscisse dalla prova rafforzato, ma maggiormente discreditato e indebolito.
Desiderare o peggio voler sopprimere il fascismo per mezzo del governo è come voler dare salute a un malato. Perciò ricercavamo un accordo con le altre forze per un'azione comune avendo ben presente ciò che Malatesta aveva scritto nelle colonne di Umanità Nova sul "Fronte Unico". "La situazione è grave e minacciosa ... Da soli non possiamo abbattere il fascismo e anche meno abbattere le istituzioni. Dunque o unirsi a coloro che, pur non essendo anarchici, hanno comuni con noi gli scopi immediati o lasciare che i fascisti continuino con la complicità del governo a tiranneggiare l'Italia e che Ia monarchia regni indisturbata.
Ma (si dice) nelle alleanze rivoluzionarie si è sempre traditi. È possibile; ma noi preferiamo rischiare di essere traditi dagli altri, anziché tradirci da noi spegnendoci nell'inazione." [N.Malara].
Questo era lo spirito che alimentava l’azione antifascista degli anarchici, ed è per questa ragione che molti non si fermarono e continuarono la lotta anche dopo il 25 aprile 45.
Sicuramente in quei giorni abbiamo gioito per la fine del martirio a cui il popolo d’Italia era stato sottoposto dal nazi-fascismo, che era costato troppo sangue e dolore; L’amarezza e la rabbia per una lotta incompiuta, erano mitigati dalla consapevolezza, e dalla prassi libertaria, che la resistenza non era una lotta di popolo verso l’anarchia.
Tanto si è scritto e detto sulla resistenza, sul suo valore di lotta di liberazione, sul martirio di intere popolazioni, vittime delle rappresaglie nazi-fasciste, sul coraggio di tanti giovani, operai, studenti, insegnanti, che rispondendo ad un atto di libertà, preferirono lottare contro il fascismo, ad armi impari e nelle condizioni più disperate; Ma volutamente la borghesia, la chiesa, i partiti vincenti, il nuovo Stato d’Italia, poco o niente hanno ricordato del contributo dato dagli Anarchici alla lotta di liberazione, alla loro lotta di classe, per una società di liberi è uguali; Non che ci interessi il loro riconoscimento, costatiamo ora come all’ora la veridicità di quanto prevedeva il compagno Malara.
Non vogliamo in questa occasione ignorare quanto fatto da chi non era Anarchico e ha lottato con coraggio e
grande sacrificio per la libertà di tutti, e quanti hanno donato la loro vita ad un sussulto di ribellione contro la
tirannia fascista. Ma coscienti del pericolo di tempi bui e di violenta oppressione e repressione, del nuovo e
vecchio fascismo emergente che si ripresenta con forza nel contesto politico e sociale d’Italia, vogliamo riportare alla memoria la parte della resistenza dimenticata, non si sa mai!!!
La resistenza sconosciuta. Gli anarchici contro il fascismo.
L’opposizione degli anarchici al fascismo è stata istintiva e immediata fin dal primo manifestarsi dei fasci di combattimento. La controversa esperienza degli Arditi del Popolo. Il confino, le carceri, l’esilio, la partecipazione alla rivoluzione spagnola del ’36, la Resistenza armata contro i nazifascisti: queste le tappe principali dell’impegno antifascista libertario.
I rapporti con le altre componenti dell’antifascismo organizzato.
Nel ’20 gli anarchici in Italia erano una forza rivoluzionaria con cui si dovevano fare i conti, una forza con cui dovevano fare i conti padroni, governo e fascisti. Essi avevano un quotidiano, “Umanità Nova”, che tirava cinquantamila copie e numerosi periodici.
L’USI, il sindacato rivoluzionario influenzato dagli anarchici (segretario ne era l’anarchico Armando Borghi), contava centinaia di migliaia di iscritti.
Dopo il fallimento dell’occupazione delle fabbriche, gli anarchici, riconoscendo nel fascismo la “controrivoluzione preventiva” (come la definì bene Luigi Fabbri) con cui i padroni avrebbero cercato di impedire il ripetersi di una situazione prerivoluzionaria, gettarono tutte le loro energie nella mischia contro il
giovane ma già robusto figlio del capitalismo. La volontà ed il coraggio degli anarchici non poteva però bastare di fronte allo squadrismo, potentemente dotato di mezzi e di armi e spalleggiato dagli organi repressivi dello Stato. Tanto più che anarchici ed anarcosindacalisti erano presenti in modo determinante solo in alcune località ed in alcuni settori produttivi.
[http://www.socialismolibertario.it/afascismo3.htm]
"quelli che rimasero" N|NO MALARA; Ferroviere anarchico calabrese, fu attivo fin dal primo dopoguerra nel Sindacato Ferrovieri in Calabria. Per la sua attività sindacale fu licenziato dal servizio nel 1922; fra i primi condannati a Cosenza dal tribunale Speciale come comunista anarchico", subì il confino dal 1926 al '32 e la semiclandestinità fino al 1943. La sollevazione di Cosenza nel 1943 lo vide tra i fondatori del Comitato di Liberazione per il Fronte Unico. Dopo la liberazione riprese I'impegno nel Sindacato Ferrovieri e nel movimento anarchico.
Malara ci descrive in maniera partecipata e scrupolosa la resistenza al fascismo costante e quotidiana di molti che non si arresero, di "quelli che rimasero" in Italia, come amava sottolineare, e svilupparono un'opposizione costante, quotidiana nei posti di lavoro e molto spesso, dopo il 1926, in carcere e al confino.
Il richiamo a nomi e fatti dà modo di rendersi conto che dalla resistenza al fascismo di migliaia di militanti oscuri o conosciuti, dalle loro battaglie quotidiane trasse alimento una rete dì solidarietà che tenne viva la coscienza e rese possibile quel fenomeno di opposizione di massa che fu la Resistenza partigiana. Malara mette in crisi un luogo comune della storiografia della Resistenza che presenta le popolazioni del Sud come
assenti da questa lotta, ricostruendo I'opposizione al dilagare delle squadre fasciste e poi al regime fascista in Calabria, ed evidenzia i legami di solidarietà, gli scambi di esperienze che il confino permise a molte avanguardie politiche e in particolare a quelle anarchiche, presenti tra gli antifascisti in misura maggioritaria nei primi anni del confino, e comunque sempre molto numerosi.
Dei partigiani siciliani raramente si parla, molti dei quali caduti in Alta Italia durante la guerra di liberazione
1943-1945, riportarli alla memoria ha lo scopo di evidenziare il contributo dei siciliani alla Resistenza al fine di sfatare il luogo comune che vuole la Resistenza geograficamente e umanamente delimitata. Al Nord fu fatta, del Nord è l’appartenenza.
Non fu così, o almeno non fu sempre e soltanto così, perché ad essa contribuirono tutti quei militari arruolati nell’esercito regolare, provenienti dalle diverse regioni italiane, che, all’indomani dell’8 settembre, scelsero, consapevolmente o emotivamente, lo sbandamento, favorendo in ogni caso la Resistenza.
2500 circa furono i partigiani siciliani che operarono solo in Piemonte e, allo stato attuale della ricerca, ancora in itinere, di questi 152 caddero, mentre altri 60 si immolarono nelle regioni dell’Italia centro-settentrionale: Lombardia, Veneto, Friuli, Trentino, Emilia e Romagna, Toscana, Umbria, Lazio relativamente al massacro delle Fosse Ardeatine.
Né Franco né Stalin”.
Nel ricordo di quei giorni, agli Stati, ai suoi governi, ai padroni, al nuovo e vecchio fascismo, alla chiesa, agli autoritari di sinistra, ora come all’ora, con tutta la forza che abbiamo gridiamo ancora «no pasaràn».
70 anni fa, in quei giorni del marzo 1939, dal 4 al 31, moriva la repubblica spagnola sotto i colpi dell'esercito fascista di Franco (con l'appoggio di Germania ed Italia). La rivoluzione era finita tempo prima per la politica del PCE e del governo repubblicano.
Seguì la repressione: dal 1939 al 1944, oltre al milione tra morti, dispersi e mutilati nei tre anni della guerra, vennero assassinate più di 250.000 persone, 80.000 in Galizia, 20.000 a Madrid, 30.000 in Catalogna, 10.000 in Andalusia, 30.000 nelle Asturie, 50.000 in altre località diverse. Nello spazio di pochi giorni il generale Queijo de Llano fece fucilare 12.000 sivigliani; Garcia Valino 25.000 navarresi; a Valladolid 9.000 persone vennero passate per le armi.
ADRIANA DADÀ, che insegna Storia Contemporanea all'Università di Firenze, ricostruisce nell'introduzione le tappe dell'impegno militante antifascista di Malara, alla luce di una ricca documentazione di archivio e di testimonianze dei protagonisti. È autrice, fra l'altro di un volume sul movimento “L’anarchico in ltalia: fra movimento e partito", Milano 1984, e di vari saggi sull'anarchismo.
Desiderare o peggio voler sopprimere il fascismo per mezzo del governo è come voler dare salute a un malato. Perciò ricercavamo un accordo con le altre forze per un'azione comune avendo ben presente ciò che Malatesta aveva scritto nelle colonne di Umanità Nova sul "Fronte Unico". "La situazione è grave e minacciosa ... Da soli non possiamo abbattere il fascismo e anche meno abbattere le istituzioni. Dunque o unirsi a coloro che, pur non essendo anarchici, hanno comuni con noi gli scopi immediati o lasciare che i fascisti continuino con la complicità del governo a tiranneggiare l'Italia e che Ia monarchia regni indisturbata.
Ma (si dice) nelle alleanze rivoluzionarie si è sempre traditi. È possibile; ma noi preferiamo rischiare di essere traditi dagli altri, anziché tradirci da noi spegnendoci nell'inazione." [N.Malara].
Questo era lo spirito che alimentava l’azione antifascista degli anarchici, ed è per questa ragione che molti non si fermarono e continuarono la lotta anche dopo il 25 aprile 45.
Sicuramente in quei giorni abbiamo gioito per la fine del martirio a cui il popolo d’Italia era stato sottoposto dal nazi-fascismo, che era costato troppo sangue e dolore; L’amarezza e la rabbia per una lotta incompiuta, erano mitigati dalla consapevolezza, e dalla prassi libertaria, che la resistenza non era una lotta di popolo verso l’anarchia.
Tanto si è scritto e detto sulla resistenza, sul suo valore di lotta di liberazione, sul martirio di intere popolazioni, vittime delle rappresaglie nazi-fasciste, sul coraggio di tanti giovani, operai, studenti, insegnanti, che rispondendo ad un atto di libertà, preferirono lottare contro il fascismo, ad armi impari e nelle condizioni più disperate; Ma volutamente la borghesia, la chiesa, i partiti vincenti, il nuovo Stato d’Italia, poco o niente hanno ricordato del contributo dato dagli Anarchici alla lotta di liberazione, alla loro lotta di classe, per una società di liberi è uguali; Non che ci interessi il loro riconoscimento, costatiamo ora come all’ora la veridicità di quanto prevedeva il compagno Malara.
Non vogliamo in questa occasione ignorare quanto fatto da chi non era Anarchico e ha lottato con coraggio e
grande sacrificio per la libertà di tutti, e quanti hanno donato la loro vita ad un sussulto di ribellione contro la
tirannia fascista. Ma coscienti del pericolo di tempi bui e di violenta oppressione e repressione, del nuovo e
vecchio fascismo emergente che si ripresenta con forza nel contesto politico e sociale d’Italia, vogliamo riportare alla memoria la parte della resistenza dimenticata, non si sa mai!!!
La resistenza sconosciuta. Gli anarchici contro il fascismo.
L’opposizione degli anarchici al fascismo è stata istintiva e immediata fin dal primo manifestarsi dei fasci di combattimento. La controversa esperienza degli Arditi del Popolo. Il confino, le carceri, l’esilio, la partecipazione alla rivoluzione spagnola del ’36, la Resistenza armata contro i nazifascisti: queste le tappe principali dell’impegno antifascista libertario.
I rapporti con le altre componenti dell’antifascismo organizzato.
Nel ’20 gli anarchici in Italia erano una forza rivoluzionaria con cui si dovevano fare i conti, una forza con cui dovevano fare i conti padroni, governo e fascisti. Essi avevano un quotidiano, “Umanità Nova”, che tirava cinquantamila copie e numerosi periodici.
L’USI, il sindacato rivoluzionario influenzato dagli anarchici (segretario ne era l’anarchico Armando Borghi), contava centinaia di migliaia di iscritti.
Dopo il fallimento dell’occupazione delle fabbriche, gli anarchici, riconoscendo nel fascismo la “controrivoluzione preventiva” (come la definì bene Luigi Fabbri) con cui i padroni avrebbero cercato di impedire il ripetersi di una situazione prerivoluzionaria, gettarono tutte le loro energie nella mischia contro il
giovane ma già robusto figlio del capitalismo. La volontà ed il coraggio degli anarchici non poteva però bastare di fronte allo squadrismo, potentemente dotato di mezzi e di armi e spalleggiato dagli organi repressivi dello Stato. Tanto più che anarchici ed anarcosindacalisti erano presenti in modo determinante solo in alcune località ed in alcuni settori produttivi.
[http://www.socialismolibertario.it/afascismo3.htm]
"quelli che rimasero" N|NO MALARA; Ferroviere anarchico calabrese, fu attivo fin dal primo dopoguerra nel Sindacato Ferrovieri in Calabria. Per la sua attività sindacale fu licenziato dal servizio nel 1922; fra i primi condannati a Cosenza dal tribunale Speciale come comunista anarchico", subì il confino dal 1926 al '32 e la semiclandestinità fino al 1943. La sollevazione di Cosenza nel 1943 lo vide tra i fondatori del Comitato di Liberazione per il Fronte Unico. Dopo la liberazione riprese I'impegno nel Sindacato Ferrovieri e nel movimento anarchico.
Malara ci descrive in maniera partecipata e scrupolosa la resistenza al fascismo costante e quotidiana di molti che non si arresero, di "quelli che rimasero" in Italia, come amava sottolineare, e svilupparono un'opposizione costante, quotidiana nei posti di lavoro e molto spesso, dopo il 1926, in carcere e al confino.
Il richiamo a nomi e fatti dà modo di rendersi conto che dalla resistenza al fascismo di migliaia di militanti oscuri o conosciuti, dalle loro battaglie quotidiane trasse alimento una rete dì solidarietà che tenne viva la coscienza e rese possibile quel fenomeno di opposizione di massa che fu la Resistenza partigiana. Malara mette in crisi un luogo comune della storiografia della Resistenza che presenta le popolazioni del Sud come
assenti da questa lotta, ricostruendo I'opposizione al dilagare delle squadre fasciste e poi al regime fascista in Calabria, ed evidenzia i legami di solidarietà, gli scambi di esperienze che il confino permise a molte avanguardie politiche e in particolare a quelle anarchiche, presenti tra gli antifascisti in misura maggioritaria nei primi anni del confino, e comunque sempre molto numerosi.
Dei partigiani siciliani raramente si parla, molti dei quali caduti in Alta Italia durante la guerra di liberazione
1943-1945, riportarli alla memoria ha lo scopo di evidenziare il contributo dei siciliani alla Resistenza al fine di sfatare il luogo comune che vuole la Resistenza geograficamente e umanamente delimitata. Al Nord fu fatta, del Nord è l’appartenenza.
Non fu così, o almeno non fu sempre e soltanto così, perché ad essa contribuirono tutti quei militari arruolati nell’esercito regolare, provenienti dalle diverse regioni italiane, che, all’indomani dell’8 settembre, scelsero, consapevolmente o emotivamente, lo sbandamento, favorendo in ogni caso la Resistenza.
2500 circa furono i partigiani siciliani che operarono solo in Piemonte e, allo stato attuale della ricerca, ancora in itinere, di questi 152 caddero, mentre altri 60 si immolarono nelle regioni dell’Italia centro-settentrionale: Lombardia, Veneto, Friuli, Trentino, Emilia e Romagna, Toscana, Umbria, Lazio relativamente al massacro delle Fosse Ardeatine.
Né Franco né Stalin”.
Nel ricordo di quei giorni, agli Stati, ai suoi governi, ai padroni, al nuovo e vecchio fascismo, alla chiesa, agli autoritari di sinistra, ora come all’ora, con tutta la forza che abbiamo gridiamo ancora «no pasaràn».
70 anni fa, in quei giorni del marzo 1939, dal 4 al 31, moriva la repubblica spagnola sotto i colpi dell'esercito fascista di Franco (con l'appoggio di Germania ed Italia). La rivoluzione era finita tempo prima per la politica del PCE e del governo repubblicano.
Seguì la repressione: dal 1939 al 1944, oltre al milione tra morti, dispersi e mutilati nei tre anni della guerra, vennero assassinate più di 250.000 persone, 80.000 in Galizia, 20.000 a Madrid, 30.000 in Catalogna, 10.000 in Andalusia, 30.000 nelle Asturie, 50.000 in altre località diverse. Nello spazio di pochi giorni il generale Queijo de Llano fece fucilare 12.000 sivigliani; Garcia Valino 25.000 navarresi; a Valladolid 9.000 persone vennero passate per le armi.
ADRIANA DADÀ, che insegna Storia Contemporanea all'Università di Firenze, ricostruisce nell'introduzione le tappe dell'impegno militante antifascista di Malara, alla luce di una ricca documentazione di archivio e di testimonianze dei protagonisti. È autrice, fra l'altro di un volume sul movimento “L’anarchico in ltalia: fra movimento e partito", Milano 1984, e di vari saggi sull'anarchismo.
Sosteniamo l'operaio Palumbo licenziato dalla Fincantieri.
Sottoscrizione per solidarietà “Sosteniamo l'operaio Palumbo licenziato dalla Fincantieri”.
Già da un anno e mezzo Salvatore Palumbo si batte contro un ingiusto licenziamento messo in atto dalla Fincantieri di Palermo.Da otto anni è sempre stato un attivista sindacale all'interno della fabbrica; si è battuto per la sicurezza sul lavoro denunciando tutto quello che non andava e subendo per questo, negli anni, diversi "provvedimenti disciplinari" tesi ad impedire questa sua lotta, con il continuo ricatto della perdita del posto di lavoro. Da quando, con una scusa banale, è stato licenziato, Palumbo, ha continuato a portare avanti la sua battaglia anche fuori della fabbrica con diverse iniziative pubbliche. Ha aderito alla Rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro e partecipato alle diverse iniziative nazionali. L'assemblea nazionale della Rete del 24 gennaio a Roma ha deciso di lanciare una sottoscrizione e di essere presente in
occasione di una delle prossime udienze in tribunale.
Sosteniamo Palumbo, come esempio di tutti coloro che si battono contro un sistema di fabbrica che produce
morti.
Fonte: www.infoaut.org/palermo
Già da un anno e mezzo Salvatore Palumbo si batte contro un ingiusto licenziamento messo in atto dalla Fincantieri di Palermo.Da otto anni è sempre stato un attivista sindacale all'interno della fabbrica; si è battuto per la sicurezza sul lavoro denunciando tutto quello che non andava e subendo per questo, negli anni, diversi "provvedimenti disciplinari" tesi ad impedire questa sua lotta, con il continuo ricatto della perdita del posto di lavoro. Da quando, con una scusa banale, è stato licenziato, Palumbo, ha continuato a portare avanti la sua battaglia anche fuori della fabbrica con diverse iniziative pubbliche. Ha aderito alla Rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro e partecipato alle diverse iniziative nazionali. L'assemblea nazionale della Rete del 24 gennaio a Roma ha deciso di lanciare una sottoscrizione e di essere presente in
occasione di una delle prossime udienze in tribunale.
Sosteniamo Palumbo, come esempio di tutti coloro che si battono contro un sistema di fabbrica che produce
morti.
Fonte: www.infoaut.org/palermo
La storia di Kante.
La storia di Kante racconta di un futuro che è subito presente. Nell’Italia del pacchetto sicurezza, migliaia di donne come Kante possono essere denunciate qualche minuto prima o qualche minuto dopo il parto per aver scelto di rivolgersi a una struttura sanitaria nonostante l’”imperdonabile colpa” di non avere documenti.
Possono essere separate dai loro figli, che non avranno la possibilità di avere un nome, perché l’Italia del pacchetto sicurezza impedisce la registrazione anagrafica dei bambini e delle bambine nati senza permesso di soggiorno. Nati clandestini.
Nell’Italia del pacchetto sicurezza, migliaia di donne sceglieranno di partorire o di abortire in condizioni rischiose e precarie, nasconderanno le ferite delle violenze subite pur di sfuggire alla minaccia di espulsione.
La storia di Kante anticipa il futuro, perché il pacchetto sicurezza non è stato ancora approvato eppure comincia già a far valere la sua efficacia, con la complicità di quella parte del personale medico che non ha alzato la sua voce contro il razzismo delle nuove misure, ma se ne fa docile e zelante esecutore.
Uomini e donne ne subiscono e ne subiranno gli effetti, ma per le donne migranti significa e significherà perdere il controllo sul proprio corpo, tanto più esposto alla pubblica mannaia del razzismo, della violenza e
dello sfruttamento quanto più sarà rinchiuso in un mondo privato e clandestino.
La storia di Kante è la storia di una legge, la Bossi-Fini, che col pacchetto sicurezza cerca di realizzare il sogno patriarcale di un respingimento delle donne negli spazi chiusi delle mura domestiche, nel muto orizzonte della clandestinità legale e politica. È per questa ragione che la storia di Kante parla a tutte le donne ed è per questa ragione che la lotta contro il razzismo istituzionale del pacchetto sicurezza e della legge Bossi-Fini deve coinvolgerci tutte.
Perché riscrivere la storia di Kante, e la storia di noi tutte, è ancora possibile. Per raccontare un’altra storia del futuro, è necessario scegliere adesso DA CHE PARTE STARE.
I fatti :
Napoli: Clandestina denunciata dai medici dopo il parto al Fatebenefratelli.
Ora Abou sorride in una culla povera, dentro le case-alveare per immigrati clandestini o regolari di Pianura.
È un neonato nero che non sa di avere ventisei giorni di vita e, alle spalle, già un'amara esperienza del mondo. Abou è il volto di un caso politico e sociale. Forse la prima volta in Italia in cui una norma - quella voluta dalla Lega nel pacchetto sicurezza, quella che invita i medici a denunciare i pazienti senza permesso di soggiorno: è stata applicata prima ancora di diventare tale. "Un caso illegittimo, gravissimo", denuncia l'avvocato napoletano Liana Nesta.
"Delle due l'una - aggiunge il legale - o nell'ospedale napoletano Fatebenefratelli c'è un medico o un assistente sociale più realista del re che ha messo in pratica una legge non ancora approvata dagli organi della Repubblica; oppure qualcuno ha firmato un abuso inspiegabile ai danni di una madre e cittadina". Una storia su cui promettono battaglia anche gli operatori dell'associazione "3 febbraio", da sempre al fianco degli immigrati, anche clandestini, per le battaglie di dignità e rispetto. La storia di Abou e di sua madre Kante è il percorso sofferto di tante vite clandestine, costantemente in bilico tra vita e disperazione, morte e rinascita. Kante è vedova di un uomo ucciso, quattro anni fa, dalla guerra civile che dilania la Costa d'Avorio e la sua
città di Abidjan. Rifugiatasi in Italia nel 2007, inoltra subito richiesta di asilo politico, che le viene negato due volte: e attualmente pende il ricorso innanzi al Tribunale di Roma contro quella bocciatura. Intanto, stabilitasi a Napoli, Kante si innamora di un falegname di Costa d‘Avorio, resta incinta, si fa curare la gravidanza difficile presso l'ospedale San Paolo, con sé porta sempre alcuni documenti e la fotocopia del passaporto, trattenuto in questura per un'istanza parallela di permesso di soggiorno, non ancora risolta. Quando - il 5 marzo scorso - Kante arriva all'ospedale Fatebenefratelli per partorire il suo bimbo ("al San Paolo non c'era un posto"), dal presidio sanitario scatta un fax verso il commissariato di polizia di Posillipo che chiede "un urgente interessamento per l'identificazione di una signora di Costa d'Avorio". Ovvero: la denuncia.
Esattamente ciò che la contestatissima norma - voluta dalla Lega nell'ambito del pacchetto sicurezza, e già approvata al Senato - chiede. Inaccettabile". Aggiunge l'avvocato Nesta: "Siamo di fronte a un'iniziativa senza precedenti. Non è mai accaduto che una donna extracomunitaria, che si presenta al pronto soccorso con le doglie, ormai prossima al parto, venga segnalata per l'identificazione", spiega pacatamente Liana Nesta. E aggiunge: "Come se non bastasse, Kante non ha potuto allattare suo figlio nei suoi primi giorni del ricovero: lo ha visto per cortesia di alcuni sanitari che glielo hanno adagiato tra le braccia, ma non ha potuto allattarlo". La Nesta è una legale impegnata da anni nelle rivendicazioni dei diritti essenziali, al fianco di immigrati o di parenti di innocenti uccisi dalle mafie.
Le Donne del Coordinamento Migranti Bologna e Provincia
Fonte: Coordinamento Migranti Bologna
Possono essere separate dai loro figli, che non avranno la possibilità di avere un nome, perché l’Italia del pacchetto sicurezza impedisce la registrazione anagrafica dei bambini e delle bambine nati senza permesso di soggiorno. Nati clandestini.
Nell’Italia del pacchetto sicurezza, migliaia di donne sceglieranno di partorire o di abortire in condizioni rischiose e precarie, nasconderanno le ferite delle violenze subite pur di sfuggire alla minaccia di espulsione.
La storia di Kante anticipa il futuro, perché il pacchetto sicurezza non è stato ancora approvato eppure comincia già a far valere la sua efficacia, con la complicità di quella parte del personale medico che non ha alzato la sua voce contro il razzismo delle nuove misure, ma se ne fa docile e zelante esecutore.
Uomini e donne ne subiscono e ne subiranno gli effetti, ma per le donne migranti significa e significherà perdere il controllo sul proprio corpo, tanto più esposto alla pubblica mannaia del razzismo, della violenza e
dello sfruttamento quanto più sarà rinchiuso in un mondo privato e clandestino.
La storia di Kante è la storia di una legge, la Bossi-Fini, che col pacchetto sicurezza cerca di realizzare il sogno patriarcale di un respingimento delle donne negli spazi chiusi delle mura domestiche, nel muto orizzonte della clandestinità legale e politica. È per questa ragione che la storia di Kante parla a tutte le donne ed è per questa ragione che la lotta contro il razzismo istituzionale del pacchetto sicurezza e della legge Bossi-Fini deve coinvolgerci tutte.
Perché riscrivere la storia di Kante, e la storia di noi tutte, è ancora possibile. Per raccontare un’altra storia del futuro, è necessario scegliere adesso DA CHE PARTE STARE.
I fatti :
Napoli: Clandestina denunciata dai medici dopo il parto al Fatebenefratelli.
Ora Abou sorride in una culla povera, dentro le case-alveare per immigrati clandestini o regolari di Pianura.
È un neonato nero che non sa di avere ventisei giorni di vita e, alle spalle, già un'amara esperienza del mondo. Abou è il volto di un caso politico e sociale. Forse la prima volta in Italia in cui una norma - quella voluta dalla Lega nel pacchetto sicurezza, quella che invita i medici a denunciare i pazienti senza permesso di soggiorno: è stata applicata prima ancora di diventare tale. "Un caso illegittimo, gravissimo", denuncia l'avvocato napoletano Liana Nesta.
"Delle due l'una - aggiunge il legale - o nell'ospedale napoletano Fatebenefratelli c'è un medico o un assistente sociale più realista del re che ha messo in pratica una legge non ancora approvata dagli organi della Repubblica; oppure qualcuno ha firmato un abuso inspiegabile ai danni di una madre e cittadina". Una storia su cui promettono battaglia anche gli operatori dell'associazione "3 febbraio", da sempre al fianco degli immigrati, anche clandestini, per le battaglie di dignità e rispetto. La storia di Abou e di sua madre Kante è il percorso sofferto di tante vite clandestine, costantemente in bilico tra vita e disperazione, morte e rinascita. Kante è vedova di un uomo ucciso, quattro anni fa, dalla guerra civile che dilania la Costa d'Avorio e la sua
città di Abidjan. Rifugiatasi in Italia nel 2007, inoltra subito richiesta di asilo politico, che le viene negato due volte: e attualmente pende il ricorso innanzi al Tribunale di Roma contro quella bocciatura. Intanto, stabilitasi a Napoli, Kante si innamora di un falegname di Costa d‘Avorio, resta incinta, si fa curare la gravidanza difficile presso l'ospedale San Paolo, con sé porta sempre alcuni documenti e la fotocopia del passaporto, trattenuto in questura per un'istanza parallela di permesso di soggiorno, non ancora risolta. Quando - il 5 marzo scorso - Kante arriva all'ospedale Fatebenefratelli per partorire il suo bimbo ("al San Paolo non c'era un posto"), dal presidio sanitario scatta un fax verso il commissariato di polizia di Posillipo che chiede "un urgente interessamento per l'identificazione di una signora di Costa d'Avorio". Ovvero: la denuncia.
Esattamente ciò che la contestatissima norma - voluta dalla Lega nell'ambito del pacchetto sicurezza, e già approvata al Senato - chiede. Inaccettabile". Aggiunge l'avvocato Nesta: "Siamo di fronte a un'iniziativa senza precedenti. Non è mai accaduto che una donna extracomunitaria, che si presenta al pronto soccorso con le doglie, ormai prossima al parto, venga segnalata per l'identificazione", spiega pacatamente Liana Nesta. E aggiunge: "Come se non bastasse, Kante non ha potuto allattare suo figlio nei suoi primi giorni del ricovero: lo ha visto per cortesia di alcuni sanitari che glielo hanno adagiato tra le braccia, ma non ha potuto allattarlo". La Nesta è una legale impegnata da anni nelle rivendicazioni dei diritti essenziali, al fianco di immigrati o di parenti di innocenti uccisi dalle mafie.
Le Donne del Coordinamento Migranti Bologna e Provincia
Fonte: Coordinamento Migranti Bologna
Governo e padroni affossano il Testo Unico.
Serve uno sciopero generale per difendere la sicurezza sul lavoro.
Basta morti in nome del profitto per una manifestazione nazionale a Taranto il 18 aprile.
Dopo la manifestazione del 6 dicembre, in occasione dell´anniversario della strage della ThyssenKrupp (5000 in piazza a Torino) l´assemblea nazionale della Rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro lancia un altro appello: il 18 aprile tutti a Taranto!
Il 2009 si è aperto con il solito tragico ritmo di morti e infortuni sul lavoro con cui si erano chiusi gli anni precedenti e, in poco più di due mesi, siamo già a quasi cento morti e migliaia di infortuni.
La crisi economica e la precarietà dilagante creano le condizioni di sempre maggiore ricattabilità e instabilità lavorativa che costringe i lavoratori ad accettare condizioni di sfruttamento sempre maggiori. Il governo Berlusconi pensa agli aiuti alle imprese ed alle banche, mentre per i lavoratori non si prevedono neanche i fondi minimi per attuare le norme per la sicurezza sui luoghi di lavoro o per salvaguardare i salari falcidiati dalla cassa integrazione.
Al contrario, gli attuali tentativi di cancellazione della contrattazione collettiva nazionale e del diritto di sciopero aumentano la condizione di insicurezza per centinaia di migliaia di lavoratori che, di fronte allo spettro della disoccupazione, si trovano a dover scegliere tra lavori sempre peggiori, meno tutelati e meno pagati, oppure a fare la fame.
E´ positivo il fatto che nel processo contro la ThyssenKrupp in corso a Torino, nonostante l´ostruzionismo dei legali della multinazionale, i padroni siano imputati per omicidio volontario e gli operai vengano riconosciuti come parte civile. Ma nell´azione giuridica a tutela della salute sul lavoro gli strumenti a disposizione vengono ulteriormente spuntati dal governo e dai padroni.
Infatti, l´attuale esecutivo ed i suoi ministri stanno conducendo un attacco pesante anche alle più piccole conquiste ottenute nel d.lgs. n. 81 del 9 Aprile 2008 (il Testo Unico sulla sicurezza sul lavoro).
Con il decreto cosiddetto "Milleproroghe" sono state rinviate di mesi misure importanti come la valutazione dello stress sul lavoro, l´obbligo di assicurare una data certa al documento sulla valutazione dei rischi (e relative sanzioni), il divieto di effettuare visite mediche preventive prima di assumere un lavoratore (in violazione dello Statuto dei lavoratori) e l´obbligo di comunicazione all´INAIL degli infortuni di durata superiore a un giorno. Non solo.
L´ultimo emendamento a questo decreto abolisce addirittura i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (RLS) nelle aziende con meno di 15 dipendenti e rinvia di una anno l´applicazione di ogni norma in settori a rischio come il trasporto aereo, marittimo e ferroviario!
E intanto vengono licenziati gli RLS da De Angelis a Pianeta, da Palumbo ai delegati dell´Ilva.
Con l´aggravarsi di una crisi sempre più pesante per i lavoratori e in un clima di totale restaurazione filopadronale, le aziende investiranno sempre di meno sulla sicurezza sul lavoro e sulle misure antinquinamento che da loro vengono viste come un mero "costo" su cui risparmiare. Così ai morti sul lavoro si aggiungono i morti per malattie professionali e quelle sul territorio da inquinamento.
Di fronte a questo panorama non possiamo restare passivi, dobbiamo mobilitarci!
Rete Nazionale Sicurezza sui Posti di Lavoro
RNSPL:Costruiamo la manifestazione del 18 aprile a Taranto - basta morti sul lavoro.
A Taranto perchè l'lILVA è la fabbrica con più morti sul lavoro d'Italia, perchè è la città simbolo con più infortuni, malattie professionali, tumori, inquinamento e devastazione dell'ambiente.
Riva è il padrone con più profitti d´Italia. Il padrone più processato in Italia per omicidi bianchi, inquinamento,
truffa ed estorsione, mobbing e per il lager della "palazzina LAF" (operai stipati otto ore al giorno in una palazzina fatiscente, senza lavorare, per spingerli a lasciare ogni tipo di attività sindacale o accettare il declassamento del proprio livello raggiunto dopo anni di duro lavoro).
Una manifestazione ancora una volta da costruire città per città, posto di lavoro per posto di lavoro, con la chiamata a raccolta dei lavoratori, degli RSU e degli RLS, dei sindacati di base e di classe, della FIOM e del resto della CGIL, delle organizzazioni sindacali nazionali e locali, delle associazioni familiari, ispettori, tecnici della prevenzione, medici, giuristi, intellettuali e artisti; con delegazioni di lavoratori metalmeccanici, chimici, edili, dei porti, delle ferrovie, degli appalti. Le rappresentanze delle vertenze simbolo come la Thyssen, Porto Marghera, Fincantieri, la ex-GoodYear, ecc.. Con la costruzione unitaria della partecipazione operaia, popolare, associativa di Taranto e di tutta la Puglia.
•Per uno sciopero generale sulla sicurezza sul lavoro.
•Per il rafforzamento e l´elezione diretta degli RLS in ogni luogo di lavoro indipendentemente dalla sua dimensione.
•Per l´estensione di tutti i diritti e le tutele minime ai lavoratori precari e a tutta la catena degli appalti e delle
esternalizzazioni.
•Contro la distruzione e per il rafforzamento del Testo Unico sulla Sicurezza.
•Contro l´attacco alla contrattazione nazionale ed al diritto di sciopero.
bastamortesullavoro@domeus.it
Le adesioni vanno inviate a: manifestazione18aprile@gmail.com
Oppure per contatti e informazioni per la partenza: retesicurezzalavorosicilia@gmail.com
Fonte A-Infos
Basta morti in nome del profitto per una manifestazione nazionale a Taranto il 18 aprile.
Dopo la manifestazione del 6 dicembre, in occasione dell´anniversario della strage della ThyssenKrupp (5000 in piazza a Torino) l´assemblea nazionale della Rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro lancia un altro appello: il 18 aprile tutti a Taranto!
Il 2009 si è aperto con il solito tragico ritmo di morti e infortuni sul lavoro con cui si erano chiusi gli anni precedenti e, in poco più di due mesi, siamo già a quasi cento morti e migliaia di infortuni.
La crisi economica e la precarietà dilagante creano le condizioni di sempre maggiore ricattabilità e instabilità lavorativa che costringe i lavoratori ad accettare condizioni di sfruttamento sempre maggiori. Il governo Berlusconi pensa agli aiuti alle imprese ed alle banche, mentre per i lavoratori non si prevedono neanche i fondi minimi per attuare le norme per la sicurezza sui luoghi di lavoro o per salvaguardare i salari falcidiati dalla cassa integrazione.
Al contrario, gli attuali tentativi di cancellazione della contrattazione collettiva nazionale e del diritto di sciopero aumentano la condizione di insicurezza per centinaia di migliaia di lavoratori che, di fronte allo spettro della disoccupazione, si trovano a dover scegliere tra lavori sempre peggiori, meno tutelati e meno pagati, oppure a fare la fame.
E´ positivo il fatto che nel processo contro la ThyssenKrupp in corso a Torino, nonostante l´ostruzionismo dei legali della multinazionale, i padroni siano imputati per omicidio volontario e gli operai vengano riconosciuti come parte civile. Ma nell´azione giuridica a tutela della salute sul lavoro gli strumenti a disposizione vengono ulteriormente spuntati dal governo e dai padroni.
Infatti, l´attuale esecutivo ed i suoi ministri stanno conducendo un attacco pesante anche alle più piccole conquiste ottenute nel d.lgs. n. 81 del 9 Aprile 2008 (il Testo Unico sulla sicurezza sul lavoro).
Con il decreto cosiddetto "Milleproroghe" sono state rinviate di mesi misure importanti come la valutazione dello stress sul lavoro, l´obbligo di assicurare una data certa al documento sulla valutazione dei rischi (e relative sanzioni), il divieto di effettuare visite mediche preventive prima di assumere un lavoratore (in violazione dello Statuto dei lavoratori) e l´obbligo di comunicazione all´INAIL degli infortuni di durata superiore a un giorno. Non solo.
L´ultimo emendamento a questo decreto abolisce addirittura i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (RLS) nelle aziende con meno di 15 dipendenti e rinvia di una anno l´applicazione di ogni norma in settori a rischio come il trasporto aereo, marittimo e ferroviario!
E intanto vengono licenziati gli RLS da De Angelis a Pianeta, da Palumbo ai delegati dell´Ilva.
Con l´aggravarsi di una crisi sempre più pesante per i lavoratori e in un clima di totale restaurazione filopadronale, le aziende investiranno sempre di meno sulla sicurezza sul lavoro e sulle misure antinquinamento che da loro vengono viste come un mero "costo" su cui risparmiare. Così ai morti sul lavoro si aggiungono i morti per malattie professionali e quelle sul territorio da inquinamento.
Di fronte a questo panorama non possiamo restare passivi, dobbiamo mobilitarci!
Rete Nazionale Sicurezza sui Posti di Lavoro
RNSPL:Costruiamo la manifestazione del 18 aprile a Taranto - basta morti sul lavoro.
A Taranto perchè l'lILVA è la fabbrica con più morti sul lavoro d'Italia, perchè è la città simbolo con più infortuni, malattie professionali, tumori, inquinamento e devastazione dell'ambiente.
Riva è il padrone con più profitti d´Italia. Il padrone più processato in Italia per omicidi bianchi, inquinamento,
truffa ed estorsione, mobbing e per il lager della "palazzina LAF" (operai stipati otto ore al giorno in una palazzina fatiscente, senza lavorare, per spingerli a lasciare ogni tipo di attività sindacale o accettare il declassamento del proprio livello raggiunto dopo anni di duro lavoro).
Una manifestazione ancora una volta da costruire città per città, posto di lavoro per posto di lavoro, con la chiamata a raccolta dei lavoratori, degli RSU e degli RLS, dei sindacati di base e di classe, della FIOM e del resto della CGIL, delle organizzazioni sindacali nazionali e locali, delle associazioni familiari, ispettori, tecnici della prevenzione, medici, giuristi, intellettuali e artisti; con delegazioni di lavoratori metalmeccanici, chimici, edili, dei porti, delle ferrovie, degli appalti. Le rappresentanze delle vertenze simbolo come la Thyssen, Porto Marghera, Fincantieri, la ex-GoodYear, ecc.. Con la costruzione unitaria della partecipazione operaia, popolare, associativa di Taranto e di tutta la Puglia.
•Per uno sciopero generale sulla sicurezza sul lavoro.
•Per il rafforzamento e l´elezione diretta degli RLS in ogni luogo di lavoro indipendentemente dalla sua dimensione.
•Per l´estensione di tutti i diritti e le tutele minime ai lavoratori precari e a tutta la catena degli appalti e delle
esternalizzazioni.
•Contro la distruzione e per il rafforzamento del Testo Unico sulla Sicurezza.
•Contro l´attacco alla contrattazione nazionale ed al diritto di sciopero.
bastamortesullavoro@domeus.it
Le adesioni vanno inviate a: manifestazione18aprile@gmail.com
Oppure per contatti e informazioni per la partenza: retesicurezzalavorosicilia@gmail.com
Fonte A-Infos
Comunicazione I.
«Diversi compagni anarchici palermitani - alcuni dei quali militanti della sezione "Delo Truda" Federazione dei Comunisti Anarchici di Palermo, del nucleo "Giustizia e Libertà" della Federazione Anarchica Siciliana e del gruppo "Alfonso Failla" della Federazione Anarchica Italiana - hanno deciso di intraprendere un intervento cittadino comune per specifiche convergenze sotto la denominazione di “Coordinamento Anarchico Palermitano”.
In effetti, già da tempo era in atto un sentire comune su determinati temi del conflitto sociale che aveva posto le basi per azioni politiche e interventi di lotta condivisi e comuni».
In effetti, già da tempo era in atto un sentire comune su determinati temi del conflitto sociale che aveva posto le basi per azioni politiche e interventi di lotta condivisi e comuni».
Comunicazione II.
Presidio svolto, dal coordinamento Anarchico Palermitano, Sabato 14 Marzo 2009, a Palermo, Contro i provvedimenti liberticidi adottati dal governo con il nuovo “pacchetto sicurezza”.
La sicurezza dei padroni uccide.
Il modo migliore per tenere le persone sotto controllo è impaurirle.
Con la crisi economica che ci affama tutti indistintamente, il potere politico gioca la carta dell’emergenza-sicurezza per distrarre l’opinione pubblica dalle vere emergenze quotidiane: disoccupazione, difficoltà ad arrivare a fine mese, precarietà, incertezza del futuro.
Per scaricare le frustrazioni collettive vengono individuati i bersagli più facili: gli immigrati e, più in generale, i poveri diventano il capro espiatorio per tutto ciò che va male.
Persino l’infamia degli stupri è stata strumentalizzata per creare il decreto-sicurezza, un provvedimento con cui, di fatto, si restringe paurosamente la libertà di espressione e si criminalizza qualunque comportamento giudicato non compatibile con l’ordine costituito.
Con la scusa della “sicurezza” il governo ha addirittura legalizzato anche le ronde. Ovvero, gruppi di esaltati
(fascisti e razzisti assortiti) pronti a perseguitare immigrati, prostitute e barboni con la scusa della giustizia- fai-da-te.
Anche il mondo del lavoro viene colpito dalla repressione governativa con gli attacchi al diritto di sciopero.
Alla faccia della retorica sui morti sul lavoro e sulla mancanza di tutele.
Nel frattempo, i politicanti, continuano a vivere nei loro privilegi e i padroni continuano a speculare sulla pelle dei lavoratori e della povera gente.
Dietro la cortina di fumo della sicurezza si nasconde una realtà durissima: il paese è devastato e la sua classe politica alimenta questo disagio, fomenta le guerre fra poveri e il disordine dell’ingiustizia sociale.
La crisi non è un incidente di percorso ma il risultato più naturale del capitalismo, un sistema economico assassino e ingiusto che dimostra ogni giorno di più la sua ferocia.
Lo stato e tutte le articolazioni del potere hanno un solo obiettivo: difendere gli interessi dei ricchi e perpetuare il loro dominio sulla società.
Non tutto è perduto se apriamo gli occhi e ci svegliamo dal torpore. I veri nemici non sono gli immigrati, ma quelli che ci umiliano ogni giorno con contratti da fame, con pensioni vergognose, con lo sfruttamento mascherato da flessibilità.
I veri nemici non sono i poveri o i senza casa, ma quelli che fanno affari miliardari con la speculazione finanziaria alla faccia dei lavoratori e in barba all’economia reale ridotta al collasso.
I veri nemici non sono quelli che manifestano per la libertà di tutti, ma quelli che scatenano la paura per poi
reprimere e perseguitare in nome della loro libertà di comandare meglio.
In questi tempi in cui le menzogne sono pane quotidiano, dire la verità è un atto rivoluzionario.
RILANCIAMO LE LOTTE PER LA LIBERTÀ E L’UGUAGLIANZA !
Coordinamento anarchico palermitano
Con la crisi economica che ci affama tutti indistintamente, il potere politico gioca la carta dell’emergenza-sicurezza per distrarre l’opinione pubblica dalle vere emergenze quotidiane: disoccupazione, difficoltà ad arrivare a fine mese, precarietà, incertezza del futuro.
Per scaricare le frustrazioni collettive vengono individuati i bersagli più facili: gli immigrati e, più in generale, i poveri diventano il capro espiatorio per tutto ciò che va male.
Persino l’infamia degli stupri è stata strumentalizzata per creare il decreto-sicurezza, un provvedimento con cui, di fatto, si restringe paurosamente la libertà di espressione e si criminalizza qualunque comportamento giudicato non compatibile con l’ordine costituito.
Con la scusa della “sicurezza” il governo ha addirittura legalizzato anche le ronde. Ovvero, gruppi di esaltati
(fascisti e razzisti assortiti) pronti a perseguitare immigrati, prostitute e barboni con la scusa della giustizia- fai-da-te.
Anche il mondo del lavoro viene colpito dalla repressione governativa con gli attacchi al diritto di sciopero.
Alla faccia della retorica sui morti sul lavoro e sulla mancanza di tutele.
Nel frattempo, i politicanti, continuano a vivere nei loro privilegi e i padroni continuano a speculare sulla pelle dei lavoratori e della povera gente.
Dietro la cortina di fumo della sicurezza si nasconde una realtà durissima: il paese è devastato e la sua classe politica alimenta questo disagio, fomenta le guerre fra poveri e il disordine dell’ingiustizia sociale.
La crisi non è un incidente di percorso ma il risultato più naturale del capitalismo, un sistema economico assassino e ingiusto che dimostra ogni giorno di più la sua ferocia.
Lo stato e tutte le articolazioni del potere hanno un solo obiettivo: difendere gli interessi dei ricchi e perpetuare il loro dominio sulla società.
Non tutto è perduto se apriamo gli occhi e ci svegliamo dal torpore. I veri nemici non sono gli immigrati, ma quelli che ci umiliano ogni giorno con contratti da fame, con pensioni vergognose, con lo sfruttamento mascherato da flessibilità.
I veri nemici non sono i poveri o i senza casa, ma quelli che fanno affari miliardari con la speculazione finanziaria alla faccia dei lavoratori e in barba all’economia reale ridotta al collasso.
I veri nemici non sono quelli che manifestano per la libertà di tutti, ma quelli che scatenano la paura per poi
reprimere e perseguitare in nome della loro libertà di comandare meglio.
In questi tempi in cui le menzogne sono pane quotidiano, dire la verità è un atto rivoluzionario.
RILANCIAMO LE LOTTE PER LA LIBERTÀ E L’UGUAGLIANZA !
Coordinamento anarchico palermitano
Volantino in occasione della manifestazione studentesca 18 Marzo 2009.
Il processo di lobotomizzazione, a cui gli italiani sono sottoposti da decenni, si sta risolvendo e attuando attraverso l’attacco sfrontato nei confronti dell’istruzione pubblica.
In ogni regime che si rispetti, infatti, se vuoi annullare le coscienze devi agire sulla formazione delle menti. Di fatto, il mortale attacco a cui sono state sottoposte scuola e Università, rispecchia appieno questo progetto.
I provvedimenti del governo in materia di istruzione sono stati devastanti. I decreti legge 133, 137 e 180 hanno distrutto gli ultimi rimasugli di istruzione pubblica che ci era rimasta.
Queste leggi prevedono tagli dei posti di lavoro nonché la totale precarizzazione della vita non solo dei docenti e dei ricercatori, ma anche di tutti gli studenti e del personale tecnico amministrativo.
Si prevede complessivamente il taglio di oltre 250.000 posti tra scuola e Università. Da questi provvedimenti usciranno fuori problemi sociali disastrosi. Oltre al taglio di migliaia di posti di lavoro, sarà fomentata un’altra
forma di disoccupazione meno palese: si tratta della schiavitù a cui saranno sottoposte le donne lavoratrici, che a causa dell’annullamento del tempo pieno per i figli, saranno costrette a dedicarsi ai “lavori domestici”, abbandonando ogni prospettiva di emancipazione economica e culturale.
Provvedimenti come il 5 in condotta, il maestro unico e i finanziamenti garantiti alle scuole cattoliche non fanno altro che mostrare l’intento, retrogrado e nostalgico, di recuperare un passato considerato come modello d’ordine e autorità. Il tutto è enfatizzato dalla più volgare retorica reazionaria.
La trasformazione in senso privatistico e aziendale degli atenei cancellerà la libertà di ricerca, di espressione, di protesta all'interno delle nostre facoltà garantendo i finanziamenti soltanto agli atenei “d’eccellenza”. Cioè agli atenei più prostrati alle lobby economiche di turno.
Il potere politico ed economico vuole allungare ancora di più le proprie grinfie sulle menti e sulle coscienze.
Perché per i padroni è indispensabile disporre di forza lavoro a basso costo e di menti asservite al sistema.
A questo controllo e a questo processo di lobotomizazzione c’è da aggiungere anche il fortissimo clima securitario che si respira ormai da mesi e che ha avuto la sua concretizzazione con il nuovo “pacchetto sicurezza”.
Quest’ultimo è figlio dell’atteggiamento di un governo che durante le mobilitazioni studentesche ha minacciato di usare la forza e di mandare l’esercito nelle università e nelle scuole.
Un governo che ha proposto di istituire le classi differenziali per i bambini migranti.
Un governo che vuole ghettizzare le comunità migranti e vuole fomentare una vera e propria guerra tra poveri che sta sfociando in rigurgiti di xenofobia e di razzismo.
Un governo che attacca il diritto di sciopero, tenta di dividere i lavoratori, criminalizza i sindacati, reprime ogni forma di protesta sociale.
Oggi, in Italia, si assiste al trionfo dell’autorità.
Gli studenti e i lavoratori che scendono in piazza in questi mesi, oltre a protestare contro dei barbari provvedimenti presi in campi specifici, vogliono far uscire da queste manifestazioni un sentimento di disagio totale nei confronti del clima di oppressione che ci circonda.
Deve essere una protesta che coinvolga tutti gli strati della società e che si ribelli alle scelleratezze che ci propinano quotidianamente.
PER UN’ISTRUZIONE LAICA, GRATUITA E DI MASSA.
PER UNA CULTURA LIBERTARIA E AUTOGESTITA.
PER LA DIFESA DELLA LIBERTA’.
PER L’AUTODETERMINAZIONE, L’UGUAGLIANZA E LA GIUSTIZIA SOCIALE
Coordinamento anarchico palermitano
In ogni regime che si rispetti, infatti, se vuoi annullare le coscienze devi agire sulla formazione delle menti. Di fatto, il mortale attacco a cui sono state sottoposte scuola e Università, rispecchia appieno questo progetto.
I provvedimenti del governo in materia di istruzione sono stati devastanti. I decreti legge 133, 137 e 180 hanno distrutto gli ultimi rimasugli di istruzione pubblica che ci era rimasta.
Queste leggi prevedono tagli dei posti di lavoro nonché la totale precarizzazione della vita non solo dei docenti e dei ricercatori, ma anche di tutti gli studenti e del personale tecnico amministrativo.
Si prevede complessivamente il taglio di oltre 250.000 posti tra scuola e Università. Da questi provvedimenti usciranno fuori problemi sociali disastrosi. Oltre al taglio di migliaia di posti di lavoro, sarà fomentata un’altra
forma di disoccupazione meno palese: si tratta della schiavitù a cui saranno sottoposte le donne lavoratrici, che a causa dell’annullamento del tempo pieno per i figli, saranno costrette a dedicarsi ai “lavori domestici”, abbandonando ogni prospettiva di emancipazione economica e culturale.
Provvedimenti come il 5 in condotta, il maestro unico e i finanziamenti garantiti alle scuole cattoliche non fanno altro che mostrare l’intento, retrogrado e nostalgico, di recuperare un passato considerato come modello d’ordine e autorità. Il tutto è enfatizzato dalla più volgare retorica reazionaria.
La trasformazione in senso privatistico e aziendale degli atenei cancellerà la libertà di ricerca, di espressione, di protesta all'interno delle nostre facoltà garantendo i finanziamenti soltanto agli atenei “d’eccellenza”. Cioè agli atenei più prostrati alle lobby economiche di turno.
Il potere politico ed economico vuole allungare ancora di più le proprie grinfie sulle menti e sulle coscienze.
Perché per i padroni è indispensabile disporre di forza lavoro a basso costo e di menti asservite al sistema.
A questo controllo e a questo processo di lobotomizazzione c’è da aggiungere anche il fortissimo clima securitario che si respira ormai da mesi e che ha avuto la sua concretizzazione con il nuovo “pacchetto sicurezza”.
Quest’ultimo è figlio dell’atteggiamento di un governo che durante le mobilitazioni studentesche ha minacciato di usare la forza e di mandare l’esercito nelle università e nelle scuole.
Un governo che ha proposto di istituire le classi differenziali per i bambini migranti.
Un governo che vuole ghettizzare le comunità migranti e vuole fomentare una vera e propria guerra tra poveri che sta sfociando in rigurgiti di xenofobia e di razzismo.
Un governo che attacca il diritto di sciopero, tenta di dividere i lavoratori, criminalizza i sindacati, reprime ogni forma di protesta sociale.
Oggi, in Italia, si assiste al trionfo dell’autorità.
Gli studenti e i lavoratori che scendono in piazza in questi mesi, oltre a protestare contro dei barbari provvedimenti presi in campi specifici, vogliono far uscire da queste manifestazioni un sentimento di disagio totale nei confronti del clima di oppressione che ci circonda.
Deve essere una protesta che coinvolga tutti gli strati della società e che si ribelli alle scelleratezze che ci propinano quotidianamente.
PER UN’ISTRUZIONE LAICA, GRATUITA E DI MASSA.
PER UNA CULTURA LIBERTARIA E AUTOGESTITA.
PER LA DIFESA DELLA LIBERTA’.
PER L’AUTODETERMINAZIONE, L’UGUAGLIANZA E LA GIUSTIZIA SOCIALE
Coordinamento anarchico palermitano
Comunicazione III.
Venerdì 3 Aprile alle ore 18 nel piazzale verde in prossimità del campo Rom , si è tenuto un sit-in per protestare contro la provocazione fascista, nella zona sono stati affissi numerosi manifesti razzisti di Forza Nuova e da altre sigle, nei confronti dei Rom del campo nomadi della Favorita e degli immigrati in genere.
Bisogna fermare questa continua provocazione, bisogna ricreare un fronte unico antifascista, che superi le divisioni, per una risposta unitaria di tutto il fronte antifascista.
Bisogna fermare questa continua provocazione, bisogna ricreare un fronte unico antifascista, che superi le divisioni, per una risposta unitaria di tutto il fronte antifascista.
Pasolini: un poeta italiano fastidioso.
(Prima parte)
Pier Paolo Pasolini è nato a Bologna il 05/03/1922.
Vive la sua giovinezza in pieno periodo fascista, trasferendosi qua e la per il paese insieme al padre rivoluzionario e la madre insegnante.
Esordisce giovanissimo come scrittore pubblicando una raccolta di poesie.
Immediatamente come molti suoi colleghi del periodo si schierano dalla parte dell'opposizione sostenendo le teorie comuniste affermandole come unica salvezza governativa in Italia post seconda guerra mondiale.
Non passò molto che il PCI di cui Pasolini faceva parte in modo attivissimo, lo cacciò via perché omosessuale, con la scusa assurda: che il poeta era stato portato in tribunale con l'accusa di pedofilia.
Tutte balle che riempivano di mala informazione le persone con la speranza di diffamarlo.
E' vero che il poeta fu visto diverse volte da solo con ragazzi, ma ciò era solo al fine di continue ricerche sociologiche e continue affermazioni del livello di cultura e informazioni che c'era nei giovani del periodo, riguardando temi come l'educazione sessuale.
Infatti dopo qualche anno girerà un documentario con questo sfondo dal titolo “Comizi d'amore” intervistando persone di tutte le età in varie zone del' Italia. Nel 1955 debutta con grande successo col romanzo “Ragazzi di vita” comunemente chiamato: “Il romanzo delle borgate romane”. Appena stampato non ci fu neanche il tempo di sfogliarlo che il libro venne sequestrato e il nostro intellettuale fu chiamato pornografico.
E' vero che nel romanzo ci sono alcuni passi dove si parla di prostituzione-maschile, ma è anche vero che nel racconto non c'è solo questo, ed è anche vero che la storia principale non gira attorno a questo, (fermo restando che è un problema molto grosso ed esistente nella nostra società).
Pasolini nella sua opera affronta temi sensibilissimi che erano nati nei borghi con la fine della guerra, per citarne uno (che a mio parere è molto toccante) è quello della nascita e sfruttamento del sottoproletariato.
Vinta la causa non si spaventa affatto di tutto ciò che la società lo circonda, ansi ringrazia fortemente i ragazzi di vita e Sergio Citti suo grande amico e sostenitore durante il periodo di causa, e non passò moltissimo che un'altra opera-scandalo della letteratura del '900 uscì fuori dalla penna di Pier Paolo, “Una vita violenta” secondo romanzo che parla della misera vita di borgata sempre ambientato nel periodo Roma- dopoguerra.
L'uomo delle tre P non fu soltanto questo ma ne parleremo ancora nel prossimo articolo dedicato a quest'ultimo.
Paolo
Pier Paolo Pasolini è nato a Bologna il 05/03/1922.
Vive la sua giovinezza in pieno periodo fascista, trasferendosi qua e la per il paese insieme al padre rivoluzionario e la madre insegnante.
Esordisce giovanissimo come scrittore pubblicando una raccolta di poesie.
Immediatamente come molti suoi colleghi del periodo si schierano dalla parte dell'opposizione sostenendo le teorie comuniste affermandole come unica salvezza governativa in Italia post seconda guerra mondiale.
Non passò molto che il PCI di cui Pasolini faceva parte in modo attivissimo, lo cacciò via perché omosessuale, con la scusa assurda: che il poeta era stato portato in tribunale con l'accusa di pedofilia.
Tutte balle che riempivano di mala informazione le persone con la speranza di diffamarlo.
E' vero che il poeta fu visto diverse volte da solo con ragazzi, ma ciò era solo al fine di continue ricerche sociologiche e continue affermazioni del livello di cultura e informazioni che c'era nei giovani del periodo, riguardando temi come l'educazione sessuale.
Infatti dopo qualche anno girerà un documentario con questo sfondo dal titolo “Comizi d'amore” intervistando persone di tutte le età in varie zone del' Italia. Nel 1955 debutta con grande successo col romanzo “Ragazzi di vita” comunemente chiamato: “Il romanzo delle borgate romane”. Appena stampato non ci fu neanche il tempo di sfogliarlo che il libro venne sequestrato e il nostro intellettuale fu chiamato pornografico.
E' vero che nel romanzo ci sono alcuni passi dove si parla di prostituzione-maschile, ma è anche vero che nel racconto non c'è solo questo, ed è anche vero che la storia principale non gira attorno a questo, (fermo restando che è un problema molto grosso ed esistente nella nostra società).
Pasolini nella sua opera affronta temi sensibilissimi che erano nati nei borghi con la fine della guerra, per citarne uno (che a mio parere è molto toccante) è quello della nascita e sfruttamento del sottoproletariato.
Vinta la causa non si spaventa affatto di tutto ciò che la società lo circonda, ansi ringrazia fortemente i ragazzi di vita e Sergio Citti suo grande amico e sostenitore durante il periodo di causa, e non passò moltissimo che un'altra opera-scandalo della letteratura del '900 uscì fuori dalla penna di Pier Paolo, “Una vita violenta” secondo romanzo che parla della misera vita di borgata sempre ambientato nel periodo Roma- dopoguerra.
L'uomo delle tre P non fu soltanto questo ma ne parleremo ancora nel prossimo articolo dedicato a quest'ultimo.
Paolo