Stupri e razzismo.

I recenti fatti di queste ultime settimane hanno messo in evidenza quello che in realtà è prassi quotidiana dacché esiste il mondo, cioè la violenza sessuale contro le donne all’ interno dello stesso gruppo familiare.
Le donne sanno benissimo che non si tratta di casi isolati, di azioni compiute da cosiddetti “mostri “, ma lo stupratore, gli stupratori, nella maggior parte dei casi, hanno il volto del padre, del fratello, dello zio, del nonno. Sono proprio loro i primi a violare e umiliare il corpo e l’integrità psichica di bambine, ragazzine, donne adulte. Tutto avviene all’interno delle belle famiglie normali che tanto piacciono allo Stato e alla Chiesa. Le belle famiglie che perpetuano al loro interno gli schemi e i riti repressivi della società, costringendo le donne al silenzio, in nome di una morale vergognosa e indecente, che vuole colpevolizzare la vittima per coprire il delitto del maschio padrone. In Italia fino a pochi anni fa, lo stupro di donne da parte di familiari non era nemmeno considerato un vero reato penale ma solo un reato contro la pubblica morale. Il problema della violenza sessuale contro le donne non è legato ad una particolare etnia, ad una particolare cultura o classe sociale. Esso attraversa tutti gli strati della società, riguarda tutti i gruppi senza distinzione.
Esso è strettamente legato al concetto di proprietà privata, di esercizio del potere su altri esseri umani giudicati inferiori, anzi è la massima forma di esercizio del potere. Le donne da sempre hanno dovuto subire la violenza bestiale dei familiari, dei vicini, degli eserciti invasori. In Italia, in particolare, i dati del Ministero degli Interni ci dicono che più del 65% degli stupri avvengono in famiglia.
Questo dato è inquietante. Non è certo scatenando la caccia contro gli stranieri, alimentando così episodi gravi di razzismo e ulteriore violenza da parte di gruppi xenofobi e razzisti, che si risolve il problema. Gli organi di disinformazione hanno ancora una volta offerto uno spettacolo osceno, manipolando le notizie ed offrendo alla pubblica opinione delle vittime sacrificali. La regola “Sbatti il mostro in prima pagina” funziona ancora egregiamente. La stampa borghese e di regime ci ha sempre campato bene sui fatti di cronaca nera e spesso la cronaca nera viene usata per sviare l’attenzione dai fatti reali e per manipolare le coscienze. Gli stessi giornali e le stesse televisioni che per un verso fanno finta di indignarsi contro la violenza alle donne ma poi utilizzano le immagini dei corpi femminili mercificati, offerti nudi ed indifesi allo sguardo maschile come pezzi di carne senza cervello, senza vita propria, solo tette e culi, per vendere più copie, per fare più audience.
La società italiana è sempre più schizofrenica, non per niente si è affidata ad un padre-padrone che la governa seguendo i suoi capricci di dittatorello da operetta. Il suo rapporto con le donne è a dir poco ridicolo, fa il galante come un comico da avanspettacolo di altri tempi. Eppure è stupefacente vedere come le donne si mostrino entusiaste di lui, lo seguano e lo difendano.
Sembrava che dopo la grande ondata delle lotte femministe il rapporto tra uomini e donne dovesse cambiare per sempre e invece siamo tornati indietro, siamo tornati al corpo oggetto, feticcio da spogliare esibire nella società occidentale e corpo da negare, velare, occultare nelle nella società islamica. Corpo, proprietà privata di maschi-padroni, in cui le donne potranno vivere libere e senza paura. Ma per fare questo occorre che esse stesse siano disposte a lottare per conquistare pienamente la loro libertà, liberandosi da tutte le catene mentali e fisiche che le opprimono, primi fra tutti i subdoli ricatti sentimentali ed affettivi, i peggiori aguzzini in
assoluto.
Certo le donne di oggi sicuramente sono più libere rispetto alle loro nonne, ma c’è ancora tanta strada da fare e come scrisse Emma Goldman nel saggio La tragedia dell’emancipazione femminile: “La storia ci insegna che ogni classe oppressa ha conquistato la vera liberazione dai suoi padroni solo con le proprie lotte. Bisogna che la donna impari questa lezione e capisca che la sua libertà potrà arrivare fino a dove arriva la sua forza di conquistare la propria libertà .”.

Una individualità anarchica siciliana